“Contro la guerra. Il coraggio di costruire la Pace” il libro di Papa Francesco
Antonella Rita Roscilli
                                                                                                                                                                               News Sarapegbe 30 aprile 2022
“La vera risposta dunque  non sono altre armi e altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di stati si sono impegnati a spendere il 2%, credo, del Pil nell’acquisto di armi come risposta a questo che sta succedendo adesso. Pazzia. La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare”.

Ad un mese dalla sua uscita in tutte le librerie, con la lettura di questo stralcio, si è aperta la presentazione del libro di Papa Francesco “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la Pace” (Solferino-LEV). L’incontro si è tenuto il 29 aprile 2022 all’auditorium dell’Università LUMSA di Roma. E’ stato moderato da Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera.Dopo i saluti iniziali del Rettore della Lumsa Francesco Bonini, sono intervenuti il Segretario di stato della Santa Sede Cardinal Pietro Parolin, e l’ex presidente della Commissione Europea ed ex primo ministro italiano, prof. Romano Prodi.

Il libro costituisce una riflessione radicale in cui il Papa dispiega il suo insegnamento sulla necessità della fraternità e l’assurdità della guerra. Si tratta di pagine intrise della sofferenza delle vittime in Ucraina, dei volti di quanti hanno patito il conflitto in Iraq, delle vicende storiche di Hiroshima, fino all’eredità, purtroppo inascoltata, dei due conflitti mondiali del Novecento. Il dialogo come arte politica, la costruzione artigianale della pace, che parte dal cuore e si estende al mondo, il bando delle armi atomiche, il disarmo come scelta strategica sono le indicazioni concrete che il Pontefice ci affida affinché la pacificazione diventi realmente l’orizzonte condiviso su cui costruire il nostro futuro. Perché dalla guerra non può nascere nulla di veramente umano.
 
Il Rettore della Lumsa Francesco Bonini ha ricordato, tra le altre, che proprio il 29 aprile ricorre la festività di Santa Caterina, proclamata patrona d’Italia, insieme a San Francesco, il 18 giugno 1939 ad opera di Papa Pio XII, anche a scongiurare una guerra che si sentiva imminente: furono scelti una donna e un uomo di pace, di pacificazione. Lo stesso anno per iniziativa della Santa Sede fu fondata la Lumsa, la prima università pubblica non statale a Roma. “Opere di pace concrete e lungimiranti preparano comunque la pace. La Pace è possibile con opere di pace concrete e lungimiranti” ha concluso il Rettore, ricordando anche De Gasperi con la frase “la storia è maestra di vita solo se la si studia”.

                                                       
                          Dr.a Fiorenza Sarzanini, Prof. Romano Prodi, Card. Pietro Parolin e il Rettore Francesco Bonini. Auditorium LUMSA. Foto di A.R.R.                                                                                                                                                                                                                          
Il Cardinale Parolin ha sottolineato che “la radice ultima del messaggio di Pace e di Non-Violenza che ritroviamo nelle parole del Papa, sta nel Vangelo”. Cosa si fa in concreto? “In concreto si tratta di abbandonare lo “schema di guerra”e di assumere lo “schema di pace” come ci chiede il Papa. Abbandonare lo schema di guerra significa per esempio non far ripartire la corsa sconsiderata e folle verso il riarmo, sulla quale il Pontefice ha attirato l’attenzione con parole forti (…). Nel mondo sono già presenti armi in grado di annientare l’umanità. Davvero ne vogliamo costruire altre spendendo miliardi che potrebbero essere impiegati per aiutare famigli, offrire ass sanitaria a persone che ne sono sprovviste, aiutare persone che muoiono di fame e sete? L’Enciclica Laudato Si ci ha insegnato che problemi globali richiedono risposte globali. Fenomeni che siamo abituati a considerare separati sono in realtà interconnessi, serve un cambiamento profondo di mentalità, anzi una conversione”.
 
“Abbandonare lo schema di guerra e assumere lo schema di pace significa rafforzare la partecipazione degli organismi internazionali e anche ritrovare una maggiore capacità di iniziativa europea. La guerra in corso in Ucraina è tremenda, l’Ucraina come nazione ha diritto a difendersi dalll’invasione subita, dico soltanto che limitarsi alle armi rappresenta una risposta debole, si, le armi sono una risposta debole, non una risposta forte. Una risposta forte è una risposta che intraprende cercando di coinvolgere tutti, iniziative secondo lo schema di pace, cioè per far cessare i combattimenti, per arrivare a una soluzione negoziata, per pensare a quale sarà il possibile futuro di convivenza nel nostro vecchio continente. Assumere lo schema di pace significa intraprendere quelle iniziative straordinarie citate anche negli art. 51 e 54 della Costituzione italiana finalizzate alla pace e alla sicurezza internazionale, per cercare una soluzione pacifica al conflitto.
La comunita internazionale ha l’obbligo non di far proseguire la guerra, ma di attuare ogni possibile iniziativa politica e diplomatica per arrivare al cessate il fuoco ed una pace giusta. Una pace duratura  non può essere affidata solo alle deliberazioni dell’aggressore e dell’aggredito. Abbiamo il dovere di fare di più per la pace, e da questo punto di vista l’Europa può essere forza di propulsione, ma ancora non basterebbe. Servono creativita e coraggio per andare al di la dei blocchi per coinvolgere tutti. C’è bisogno di recuperare lo “spirito” che Aldo Moro interpretò a Helsinki nel 1975 andando oltre la logica dei blocchi e coinvolgendo tutte le nazioni. Est e Ovest si unirono sulla via della distensione. La pace nell’interesse dei popoli, la sicurezza internazionale nell interesse di tutti. C’è bisogno di ritrovare questo spirito. C’è  bisogno di una nuova conferenza di Helsinki”.

Nel suo intervento, il prof. Romano Prodi è partito dalle parole del Papa sulla “terza guerra mondiale a pezzi”. Dire che è una guerra mondiale a pezzi è’ “un'analisi da politologo” ha detto “ma è anche la condanna ‘violentissima’ di una situazione mondiale in cui i pezzi dei conflitti mondiali si stanno saldando tra di loro”. L’ex presidente della Commissione Europea lamenta poi la mancanza “assoluta” del dialogo e della volontà di realizzarlo in questo momento storico. “Se non intervengono Stati Uniti e Cina con un accordo fra loro diventa difficilissimo risolvere questo problema”. “Il danno di questa guerra sta diventando così generale che ci rimettono tutti”. “Qui" ha proseguito "si sta scomponendo la politica mondiale, le due grandi potenze devono ricomporla e l’Europa deve fare la sua parte”. Ha quindi sollecitato un'azione immediata da parte della Francia "che ha l’arma nucleare, il diritto di veto all’Onu, e l’esercito più grande": "Deve affrettarsi prima che il riarmo cambi gli equilibri fra i paesi europei e proporre una cooperazione rafforzata nella politica estera e nella difesa”. Ciò che serve, insomma, è "una soluzione a livello mondiale", insieme alla comune coscienza che "il danno di questa guerra si sta dimostrando generale". "Finché non capiscono che stanno costruendo un disastro, sarà difficile trovare un accordo". Ricorda, quindi, che l’unico richiamo che il Papa fa nel libro è a don Antonino Bello che univa il discorso della pace al discorso dello sviluppo. Mette in guardia sul fatto che questa guerra può allontanare anche i paesi europei tra loro, mentre l’Europa può avere, invece, un ruolo conciliatore. “Il fatto che la Germania si sia riarmata è notizia di enorme portata a livello europeo, un riarmo autonomo di un paese cosi grande crea un rapporto industria-politica-governo ecc che renderà molto piu difficile la politica euorpea nel futuro”. (…) ”Si devono creare ora legami stretti fra i paesi europei, poi potrebbe diventare molto più difficile”.  

Il Cardinale Parolin ha ricordato “la lettera ai Giudici di don Lorenzo Milani del 1965, e un articolo del  Premio Nobel Max Born che analizza i numeri dei morti militari e civili nelle guerre mondiali, morti civili che aumentano molto più delle morti militari, con l’aumentare della potenza dei moderni mezzi di distruzione. I dati sono importanti: “Nella I guerra mondiale  i morti erano il 5% civili e 95% militari: si poteva ancora sostenere che i civili erano morti incidentalmente. Nella II guerra mondiale i morti erano per il 48% civili e 52% militari. Non si poteva piu sostenere che i civili fossero morti incidentalmente. Nella guerra di Corea si sono avuti morti per l’ 84% civili e 16% militari: si può ormai sostenere che i militari muoiono incidentalmente. Il cambiamento in questo senso lo hanno portato i moderni mezzi di distruzione, impiegati a partire dalla II guerra mondiale che ha contato decine di milioni di vittime civili. Non possiamo più parlare di guerre giuste, oggi che le prime vittime della guerra sono i civili. La questione è che a partire dallo sviluppo delle armi nucleari chimiche e biologiche e dalle enormi e crescenti possibilitò offerte dalle nuove tecnologie si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile che colpisce molti civili innocenti.”.

In concreto, però, cosa fare? “Invece di includere, abbiamo continuato a costruire un mondo fondato sulle alleanze militari e sulle colonizzazioni economiche”, afferma ancora il Cardinale Parolin, mentre è necessario “cercare di costruire una casa comune dove tutti si sentano rappresentati, al tempo stesso costruire un nuovo sistema di relazioni internazionali, non più basato sulla deterrenza e sulla forza militare” per evitare di “correre verso il baratro della guerra totale”. La logica è quella di Giorgio La Pira: “La guerra come si concepiva nell’età preatomica è 'estinta'. Ora è una res nova,  perché, se avvenisse, distruggerebbe l'intero pianeta. Di fronte ad armi nucleari e sofisticatissime, è necessario costruire la Pace, educare alla Pace, parlando non di guerra inevitabile, ma di Pace”. 
 



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